In un vociare assordante, la voce dell’arte ammutolisce e sublima.

Oggi 27 gennaio 2019, una Giornata della Memoria nella quale si ricorda qual- cosa che di un’epoca ha cambiato i destini del mondo: il destino di un popolo quasi condotto all’estinzione, il destino di minoranze etniche sessuali e religiose identificate da una stolta ideologia -cieca cruda e bieca- come “INFERIORI”. De- stini di uomini, donne, bambini colpevoli solo di essere come gli altri ma con culture e modi di essere diversi “da quei pochi”.
Girando tra le varie notizie immagini che oggi, in ogni dove, ci vengono propinate, mi imbatto nell’unica immagine simbolo di una deportazione assurda ma che fa male, che ha fatto male e che ci si augura non torni a far male. Mi imbatto nel quadro di un amico, di un artista che ha immortalato in semplici brutali pennellate tutto l’intrinseco dolore di quegli anni.
Il manifesto della deportazione del periodo nazi-fascista diventa un monito nelle mani di Salvo Ardizzone di quanto accaduto. Un silenzioso muto vociare di storia che non potrà dimenticarsi e che in questo dipinto rammenta le angosce, le paure e le “misere” speranze, uniche compagne che si incontravano in ognuno di quegli esseri umani costretti a non essere più tali.
Stupendo intenso glaciale ma un immenso inno alla vita. “Flowers & Triangles” questo mi ha trasmesso quell’immagine scoperta per caso. Glaciale in quanto quei colori, quasi inespressivi se si osservano solo con gli occhi ma che urlano la profonda sofferenza di molti per chi invece della storia ha fatto memoria, rendono a pieno l’intenso freddo che ognuno di loro ha dovuto vivere nell’anima per poter semplicemente “sopravvivere”.
Un freddo glaciale che li avvolge ogni volta che ricordano ma che si scioglie nel calore di chi ha intenzione di non dimenticare e con il ricordo rinnova sì la tragedia del tempo, ma rinnova le scuse di un mondo che ha permesso che vivessero quel “Freddo Glaciale” in una cieca e sorda inerzia.
Piero Sardo Viscuglia
